venerdì 24 maggio 2019
Principe e Tempesta
Tu sei il mio primo, sei quello che stupiva a due anni con la sua intelligenza ai limiti della genialità, sei quello dai riccioli d'oro e gli occhi verdi, un condensato di meraviglie e di aspettative.
Ma sei anche quello che non mangiava, che non dormiva, che non cresceva, che il pannolinolanottemaledizione, che a scuola è bravissimo ma [aggiungi a piacere: si alza, chiacchiera, non rispetta le regole, non riconosce l'autorità dell'adulto, è polemico, non sta mai fermo, ha sempre altro da fare].
Eri difficile a cinque anni, nella fase leggera e spensierata dell'infanzia (dicono), figuriamoci in piena pre-adolescenza.
So cosa ti sta succedendo: la tua testa corre avanti, il tuo corpo non le sta dietro.
So che hai mille interessi diversi che ti distraggono, so che la scuola non è esattamente il tuo primo pensiero, so che sicuramente avrai preoccupazioni che non ci dici.
Non è vero che sei profondo come una pozzanghera, come ti dico spesso scherzando: sei sensibile, ma fai finta di no.
E so anche che capisci.
Capisci quando ti spiego quello che non va, incameri anche se non lo dai a vedere.
Capisci e ci rimani male quando mi vedi delusa da alcuni tuoi comportamenti, e allora quando meno me lo aspetto mi vieni vicino e hai quei momenti di tenerezza che sono un bene raro e prezioso.
Quando sorridi, illumini.
E poi rimani brillante, che quando vuoi non ce n'è per nessuno.
Rimani bellissimo anche se tu non lo vedi, e i tuoi occhi, dietro gli occhiali, della tempesta hanno l'impeto e il colore.
Rimani stropicciatissimo, un letto sfatto, che del Principe davvero non hai più niente, e devo trovare un nuovo soprannome che possa definire, o meglio evocare, almeno un po', l'indefinibile che sei.
E rimane moltissimo quello che ho scritto all'inizio: che sto sbagliando tanto, e nel modo più sciocco, e il bello è che me ne rendo anche conto.
Perché il concentrato di meraviglie e aspettative che eri e che sei, e il fatto che in te rivedo tanta parte di me, mi portano a pretendere tanto, forse troppo.
Dovrei essere più tollerante quando inciampi, concederti di sbagliare, mettere a tacere il mio stupido orgoglio di madre e darti la possibilità di fallire e rialzarti con le tue gambe, restando pronta a sostenerti ma senza invadere, sempre alla ricerca di un equilibrio difficilissimo: lasciare andare senza mollare del tutto.
Vegliare, ma senza soffocare.
Stimolare, ma senza stressare.
Quella cosa delle radici e delle ali, insomma.
E poi ridere di più con te, ritrovare un po' di leggerezza e apprezzare la nostra complicità, 'che quando mi accorgo che noi due, più di tutti, ci capiamo al volo, è davvero una magia.
E infine, e soprattutto, ricordare sempre, sempre, sempre, che quello che voglio è un figlio felice, non perfetto.
Che rivoglio la tua luce, sempre, o almeno il più spesso possibile.
Scusami, Tempesta, se faccio casino.
Cresco con te, inciampo, cado, mi tiro su, provo a fare meglio.
E ti voglio bene, ma tanto.
mercoledì 22 maggio 2019
Quello che siamo diventati - Intro
La prima è che torni a sbirciare tra i racconti degli anni passati.
E' vero, le hai scritte tu quelle cose, dovrebbero esserti familiari, eppure è un colpo forte: capisci con un'immediatezza dirompente quante cose sono cambiate, rivedi alcuni episodi come in un film amato e dimenticato, e ti rendi anche conto di quanto hai fatto bene a tenere un bel po' di tracce, 'che altrimenti tante cose te le saresti dimenticate. In effetti, le avevi dimenticate, e adesso, all'improvviso, con la forza assoluta dei ricordi, tornano a farsi spazio nella tua mente e ad innescare tante riflessioni.
Come siamo cambiati? In meglio, in peggio?
Cosa abbiamo perso, cosa abbiamo trovato, cosa voglio recuperare, quali errori non voglio più commettere?
La seconda, è che ti viene voglia di scrivere ancora, di continuare a "tenere traccia", per oggi ma soprattutto per domani, quando ripassare da queste parti, per caso o per scelta, mi regalerà di nuovo questa dolce, amara nostalgia.
giovedì 16 maggio 2019
Tornata, stavolta di CORSA
Oggi scrivo in versione runner, perché quella che sei anni fa, un sabato, si è infilata le scarpette da corsa ed è scesa a fare il giro del palazzo, ad oggi non ha ancora smesso. "Forrest Gump", mi chiama un mio amico con fare perculatorio, "farfallina" o "scheggia" amici di corsa di vario ordine e grado.
In effetti corro un sacco, soprattutto negli ultimi tempi.
Partita e poi attestata sul ritmo medio di "una volta a settimana, 10km ogni volta", respinti per anni gli inviti di amici podisti a tesserarmi per fare qualche garetta - io, la snob che "corro solo perché mi fa stare bene" - quest'anno mi sono detta che... facciamolo sto salto nel buio. In fondo, ogni tanto mettersi un po' alla prova non può fare così male.
E allora a gennaio ho provato la mia prima gara non competitiva, "La Corsa di Miguel" - la gara che sognavo da quel lontano 2013 - ed è stata un'emozione grande: tutti quei colori, e quei matti con un pettorale, e i brividi, quelli veri, tre volte: alla prima volta che ho sentito la gente incitarci lungo la strada, al ragazzo in sedia a rotelle spinto da due eroi veri, all'ingresso trionfale nello Stadio Olimpico (accidenti, brividi anche adesso che ne scrivo).
Ed è stato amore, ed è stato un attimo decidere di tesserarmi: non me ne sono pentita.
La prima gara competitiva - capire che è vero che in gara si vola.
La prima mezzamaratona - con un tempo oltre ogni più rosea previsione e i primi stupiti complimenti dalla community dei runners.
Il personal best in una gara piccola e durissima - "10km in 48 minuti senza aver mai fatto mezza ripetuta, te possino".
La trasferta a Venezia per una indimenticabile gara in notturna.
L'Appia Run, un percorso meraviglioso e un piazzamento inaspettato.
Il mio primo premio di categoria, medaglia (e faccia) di bronzo.
La voglia di fare una maratona, l'anno prossimo, magari, chissà.
Ho scoperto che non sono poi così male, ma che c'è molto da migliorare.
Ho scoperto che sono veloce, ma forse più adatta alle lunghe distanze.
Ho scoperto che correre in compagnia mi piace, io, la solitaria, quella che usciva sempre sola, con le cuffiette nelle orecchie e mille pensieri in testa.
Ho scoperto che esistono altri percorsi oltre al giro del quartiere, che se non hai paura di superare i 20km hai tutta Roma a portata di scarpe.
Ho scoperto soprattutto che non ho più paura.
Di cimentarmi con cose mai fatte prima, anche se non ho la certezza di riuscire.
Di espormi.
Di provare, magari fallire, cadere, rialzarmi, provare di nuovo.
Di avvicinarmi ai miei limiti e cercare di superarli.
Di faticare, perché si fatica, ma poi io, quando corro, soprattutto, sorrido.
martedì 29 marzo 2016
Pasqua
trovare una casa gelata
e stringerci tutti intorno a bruciarci la faccia.
svegliarsi nel sottotetto,
scoprire montagne spruzzate di neve,
seguire twins sotto lo stesso ombrello
e la stessa pioggia sottile,
e poi odore di pane
e legna per le strade.
e all'improvviso il sole che apre il cielo,
l'aria che sembra lavata di fresco,
lasciare i compiti a metà per correre fuori
a scrutare l'orizzonte col binocolo,
e poi una cenetta romantica solo noi due.
domenica mattina e il nespolo in fiore,
una Messa e una promessa,
un pranzo lunghissimo con tante persone,
una corsa di 10 km tra le montagne
e bagagli da rifare troppo presto.
e poi
una vecchia saponetta in un cassetto del comò
e la sua assenza.
venerdì 25 marzo 2016
Chi non muore...
Ovvero, stai più di un anno altrove, a farti gli affari tuoi e a sbirciarlo ogni tanto, giusto per vedere se sta bene in salute, e poi un giorno decidi di entrare di nuovo e lui ti lascia fare, senza chiederti il perché e il percome. Se funzionasse così anche con le persone, il mondo sarebbe un posto un po' più facile. Ma forse anche troppo.
E insomma, io sono ancora viva e vegeta, e anche abbastanza di buonumore.
Provare a fare un recap esauriente ed esaustivo è mission impossible, ma vediamo cosa ne esce fuori.
Quei tre sono cresciuti.
I twins hanno iniziato la prima elementare, e vi confesso che non è facile: il weekend è un triatlhon di compiti, ma ce la stiamo facendo. Le loro prime pagelle sono state così così, il Morbido non riesce a stare seduto e lo Scricciolo vuol fare tutto troppo in fretta, ma abbiamo imparato a leggere e questo è meraviglioso.
Piccoloprincipe è entrato a pieno titolo nella temibile età della preadolescenza. A volte ho l'impressione di sbagliare molto con lui, paga lo scotto di fare da apripista.
Chi si ferma è perduto.
Non è che sia stata bene bene quest'inverno, a livello di salute.
O, meglio, in realtà stavo benissimo, in forma e senza una febbre che sia una, ma inspiegabilmente alcune analisi sono risultate parecchio sballate.
Sto facendo una cura e pare che stia funzionando.
Speriamo.
Ho corso 15 km in 1:29.
Che vuoi aggiungere ? :-)
Si è anche viaggiato un po'.
Siamo stati a Napoli a Pasqua dello scorso anno, in Costiera Amalfitana e poi a MioPaese a giugno, di nuovo a Vieste quest'estate e a Bologna per Capodanno.
Sono stati giorni molto molto piacevoli, i bimbi sono sempre più autonomi e viaggiare con loro è diventato un vero piacere... forse ve li racconterò in post dedicati. Ma non prometto niente ;-P
Ho compiuto 40 anni.
... e non è stato facile.
Ma sono sopravvissuta e non è affatto male.
Ho un po' perso il mio centro.
Ma lo sto ritrovando.
... e poi ci sarebbero anche altre cose, ma meritano dei post a parte, quindi magari torno.
Forse.
Tanto il blog non scappa.
giovedì 19 febbraio 2015
Forse se li tiro fuori...
Stupido motivo
Sabato mattina, mentre correvo, sono caduta inciampando su una subdola radice.
Ebbene sì, proprio ruzzolata come un cartone animato, a quattro di bastoni, con una vecchietta che cercava di raccogliermi "embè, puliscono sempre male questi".
Ora, a parte il risvolto comico della cosa, la cosa che più mi ha dato fastidio non è l'immane figura di merda, né i pantaloni tecnici da Venusia bucati, né le varie ed eventuali escoriazioni su tutto il lato sinistro del corpo. Mi rode un sacco che mi sono fermata al settimo chilometro, e invece dài, pure con un po' di sangue che grondava dal ginocchio, si poteva finire.
Valido motivo
La pagella di Piccoloprincipe. Dovrei essere contenta di tutti quei nove, lo so, dovrei proprio. Soprattutto io che ci sono passata, che quando prendevo bei voti non era mai niente di straordinario, perché tutti ci erano abituati. Ecco, dovrei proprio. Eppur,e quel Buono in condotta (di nuovo!) mi mette in crisi. Perché questo suo essere brillante, geniale, vulcanico e tutti i fantastici aggettivi che utilizzano (gli altri) per lui alla fine non possono, non devono scusarlo sempre. Ci sono delle regole, le deve rispettare. Non sei il re del mondo, come te lo spiego, a te che sei il mio mondo e il mio re?
Valido motivo
Grane grosse sul lavoro. Lavorare in una piccola realtà comporta purtroppo dipendere mooooolto dagli umori del capo. Un giorno sei unica ed indispensabile, competente e stimatissima, il giorno dopo, senza ragione apparente, sei mediocre, insoddisfacente, tutto sommato superflua. Questo accade a cicli alterni da ormai tanti tanti anni (troppi?) e dovrei averci fatto il callo, ma niente, ogni volta è una piccola delusione. Piccola, dico io, perché se fosse davvero grande forse troverei la forza per cercare altro. Ma in questo momento, sia storico che personale, ancora scelgo la prudenza, metto da parte orgoglio e ambizioni e tiro avanti. Per quanto ancora non so.
Stupido motivo
Martedì grasso, per la classe di Piccoloprincipe, si potevano mandare dolcetti&affini da mangiare. La maestra aveva chiesto succhi di frutta da bene e poi cibi confezionati, come da regolamento. Io, da brava rappresentante di classe, ho coordinato con velocità ed efficienza il "ciascuno porta qualcosa" cercando di bilanciare dolce e salato, evitando di eccedere e quindi sprecare roba, senza dimenticare tovaglia, roba di carta, stelle filanti eccetera eccetera. Poi, per noi, ho mandato succhi di frutta e patatine. "Mamma, ha detto la maestra che le patatine non andavano bene. E' la prima volta che sbagli qualcosa come rappresentante, mamma, te lo vorrei far notare". Nano malefico.
lunedì 9 febbraio 2015
Running in the rain
Guardo l'ora, le 7.48.
Se mi sbrigo ce la faccio a partire per le 8.00.
Il letto è maledettamente caldo però.
Cerco di capire se piove, perché se piove anche no, ho la scusa buona.
Ma niente, c'è silenzio, nessun ticchettìo.
Penso a come starò bene dopo, se vado, e a come invece mi sentirò in colpa e di malumore se resto a poltrire, e come sempre è questo pensiero che mi dà la forza.
E poi ormai sono sveglia.
Sono in piedi, sbircio dalla finestra, il cielo è scuro ma dalle pozzanghere e dai tergiscristalli fermi mi confermo che no, non piove.
E poi, ormai sono in piedi.
Caffè, abbigliamento che mi fa assomigliare a Venusia di Goldrake, scarpe, cuffiette, e parto.
Neanche un chilometro ed eccole, le goccioline lievi lievi sulla faccia. E fa pure freddo, lo sento sulle braccia nonostante gli strati di tessuto tecnico. Ma ormai la musica è partita, questa traccia mi piace, continuo e speriamo che smetta.
E poi, ormai sono in strada.
Invece non smette manco per niente, al quarto chilometro mi sento sola, derelitta e fradicia, ma sono troppo lontana per tornare indietro, tantomeno camminando, quindi tanto vale continuare a correre.
E poi, ormai sono bagnata.
Al settimo chilometro c'è quell'incrocio dove, se vado da una parte torno a casa, se vado dall'altra continuo e porto a termine il percorso. Il fato vuole che proprio in quel momento la pioggia diminuisca di intensità, e allora mi dico ma sì, ho corso finora, a 'sto punto finisco.
E poi, c'è "Don't stop me now" a palla.
E poi, col cazzo che diminuisce.
E poi, i dieci km del sabato mattina li ho macinati tutti, brava.
E poi, alla fine ho alzato pure le braccia, sentendomi un po' Rocky Balboa, un po' Wonder Woman e un po' una scema.